Il diritto alla non reperibilità al di fuori dall’orario lavorativo non è una tematica esclusivamente italiana. Anche al di fuori dei confini nazionali tenere il passo della rapida evoluzione e regolamentare tali aspetti presenta le sue difficoltà. Il punto di partenza resta però uno: “Always on”, essere sempre connessi, non è salutare. Strettamente correlato infatti c’è lo stress che un lavoro senza pause comporta.
È dimostrato scientificamente che il costante impegno mentale – che non rispetta i ritmi più naturali dell’alternanza pausa e lavoro – può essere profondamente nocivo per la salute. In Francia un primo tassello importante è stato posto già nel 2016 con la Loi du Travail in cui viene esplicitamente per le imprese con più di 50 dipendenti, l’obbligo di prevedere – nell’ambito della contrattazione aziendale – il diritto dei lavoratori a disconnettersi fuori dall’orario di lavoro. Tuttavia il legislatore transalpino non ha inserito alcun tipo di sanzione nei casi in cui questo diritto venga travalicato sull’onda delle pressioni aziendali. La soluzione può forse non essere stata sufficiente, ma ha avuto il merito di mostrare una chiara presa di posizione sul tema. In altri Paesi, come la Germania, sono invece state le aziende a muoversi in ordine sparso attraverso la previsione nei contratti di specifiche possibilità di spegnere ogni device e non rispondere a messaggi e comunicazioni nei giorni di festa o nelle ore dedicate alla propria vita privata.
Anche il Parlamento europeo quest’anno si è espresso in merito al diritto alla disconnessione. Con la Risoluzione dello scorso 21 gennaio, infatti, ha invitato gli Stati Membri a riconoscere questo diritto come fondamentale.
Contestualmente, l’istituzione ha evidenziato tutte le conseguenze negative sulla qualità della vita di un lavoratore sempre connesso.
“L’essere costantemente connessi – si legge nelle Risoluzione – insieme alle forti sollecitazioni sul lavoro e alla crescente aspettativa che i lavoratori siano raggiungibili in qualsiasi momento, può influire negativamente sui diritti fondamentali dei lavoratori, sull’equilibrio tra la loro vita professionale e la loro vita privata, nonché sulla loro salute fisica e mentale e sul loro benessere”.
Inoltre, alla luce dei cambiamenti determinati dalla pandemia quali, ad esempio, l’utilizzo sempre più massivo di strumenti digitali sul lavoro, che difficilmente verrà meno al termine dell’emergenza, diventa quanto mai necessario intervenire. Come? Adottando tutte le misure organizzative necessarie per assicurare la disconnessione ai lavoratori, anche e soprattutto attraverso regole chiare e tempestive.
Tutto questo si è tradotto in un invito esplicito alla Commissione europea a intervenire attraverso una direttiva che fornisca “un quadro legislativo al fine di stabilire i requisiti minimi sul lavoro a distanza in tutta l’Unione, garantendo che il telelavoro non pregiudichi le condizioni di impiego dei telelavoratori”.
Proposte di modifica dei testi di legge.
nuovo comma 3, all’articolo 3 del decreto legislativo 8 aprile 2003 n. 66
(3) È obbligo del datore di lavoro pubblico e privato attuare tutte le misure organizzative e tecniche volte ad assicurare il diritto della lavoratrice e del lavoratore alla disconnessione dagli strumenti digitali oltre l’orario di lavoro, nonché il non utilizzo di mezzi propri ai fini lavorativi.