Reddito di base universale

E’ urgente introdurre un sostegno economico che sia universale, di base, incondizionato. Siamo cittadine/cittadini, dunque abbiamo diritto a una vita libera e dignitosa anche quando siamo fuori dal mercato del lavoro.

Un reddito di base di questo tipo è utile, oltre che per garantire i consumi essenziali, anche come strumento che possa aiutarci a gestire le transizioni: dalla disoccupazione al lavoro; dal lavoro subordinato a quello autonomo; dal lavoro alla formazione – e viceversa; dal lavoro alla cura genitoriale/parentale, ecc.

Il reddito di base universale non deve essere sovrapposto alle altre politiche pubbliche di lotta alla povertà, ma neanche essere una politica attiva per il reinserimento nel mondo del lavoro. E’ inoltre uno strumento di lotta contro le nuove forme di sfruttamento, contro i “junk jobs” (lavori spazzatura) come tutti quei lavori che sfuggono alla regolamentazione.

Il reddito di base universale è uno strumento profondamente democratico, volto a dare dignità e cittadinanza in senso sostanziale.

In un’ottica femminista, è strumento per promuovere l’autodeterminazione soggettiva e la libertà di scelta.

Non si tratta d’un sussidio; è uno strumento per realizzare un diritto: quello di vivere in condizioni dignitose.

Secondo l’ISTAT nel 2020 in Italia vivono in povertà assoluta più di due milioni di famiglie residenti composte da 5,6 milioni di persone; rispetto al 2016 questa condizione era cresciuta sia in termini di famiglie che di individui. 

Una persona si considera povera, dal punto di vista statistico, secondo la definizione dell’Unione Europea, se possiede un reddito inferiore al 60% di quello medio dell’area geografica di riferimento.

Oltre che a sradicare la povertà, il reddito di base ha un’importante connessione tanto col miglioramento della salute quanto con la libertà personale.

Se ci riferiamo alle donne, il reddito di base permette loro di uscire dalla dipendenza economica che alimenta molte altre forme di violenza: sessuale, fisica e psicologica. Certamente l’indipendenza economica non risolve alla radice la discriminazione di genere ma la donna, contando su tale reddito, può avere la forza e il tempo per affrontare questo problema.

Se ci riferiamo ai giovani, il reddito di base permette loro di decidere liberamente se dedicarsi allo studio o a un impiego. In quest’ultimo caso, permette di non essere costretti a emigrare in altri Paesi. Permette ai giovani di emanciparsi con maggiore facilità dai genitori, di sviluppare il proprio progetto di vita prima di quanto avviene attualmente.

Ancora, il reddito di base libera dalla pressione di dover accettare un impiego a qualunque prezzo. Aumenta la capacità di negoziazione da parte dei lavoratori. È inaccettabile che alcuni debbano lavorare in condizione di semi schiavitù. Come è egualmente inaccettabile che, pur di avere un lavoro e quindi la possibilità di sopravvivere, molti siano costretti a sottomettersi a condizioni umilianti o ad accettare contesti ambientali di lavoro (retribuzione, relazioni interpersonali con pari e superiori, locali insalubri, carenze nella sicurezza, procedure dell’impresa) assolutamente negativi quanto non in aperta violazione delle norme contrattuali o anche penali.